Madrigale appena narrabile
per voce e violoncello
17/10/2007
, 23:00
18/10/2007
, 18:00
19/10/2007
, 23:00
di Chiara Guidi e Scott Gibbons
testi di Claudia Castellucci
collaborazione musicale di Lavinia Bertotti, Eugenio Resta
voce di Marco Andreetti, Angela Burico, Alessandro Cafiso, Mara Cassiani, Maria Costantini, Rascia Darwish, Maria Gabriella Gasparri, Simona Generali, Diego Invernizzi, Margareth Kammerer, Sabina Laghi, Sandro Mabellini, Sara Masotti, Caterina Moroni, Alessandra Pasi, Eleonora Ribis
patecipanti al corso di alta formazione per performer dello spettacolo dal vivo FSE 2006 Rer D.G.R. 879/2006
un particolare ringraziamento a Stefano Amaducci, Teodora Castellucci, Stephan Duve, Monica Demuru, Giovanni Lindo Ferretti, Roberta Ioli, Dalmazio Masini, Francesco Raffaelli, Giancarlo Schirru, Oriano Spazzoli
DURATA 35min
PRIMA NAZIONALE
Si tratta di una partitura musicale intessuta attorno a testi di essenziale brevità che sviluppano il tema dell’incontro fortuito con un cane. Il fraseggio sincopato si muove attorno a un’espressione prossima al singulto, così come proprio di un compianto è il carattere delle frasi mozzate, il cui senso integrale viene restituito dall’insieme sinfonico formato dalla voce fluida, dalla rottura del flusso, dal silenzio attonito, dal trattenimento, dall’attesa della capacità di ripresa, dalla voce racchiusa, dallo scoppio e dal filo di voce. Non è la gamma completa di una voce nel pianto, ma la completezza della frase nella sua verità.
È la presentazione sperimentale di un nuovo madrigale, che unisce al canto corale la recitazione e lo sviluppo musicale di innumerevoli nessi vocali raccolti lungo il Corso insieme a Scott Gibbons. In questo madrigale del XXI secolo Chiara Guidi incontra di nuovo la parola nel suo rapporto con la musica. Non la utilizza come sostegno per portare in primo piano il suono, ma fa deflagrare il suo significato, celato dall’apparenza dimessa e inerme dei nomi. Il testo si trova in un punto di consistenza appena narrabile, poco dopo o prima del silenzio. Una parola povera, nella profonda attenzione verso quelle rimaste, le sole che possiedono il segreto della vita.