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01/01/2007
, 17:00
di Michela Abbondanza e Antonella Bertoni
con Antonella Bertoni
luci Lucio Diana
direzione tecnica Enrico Peco
organizzazione Luisa Costa
produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
con il sostegno di Miistero per i Benei e le Attività Culturali– Dip. Spettacolo Provincia Autonoma di Trento - Assessorato alla cultura, comune di Rovereto- Assessorato alla cultura, Cassa Rurale di Folgaria- Filiale di Trento
si ringrazia Danio Manfredini/CID Centro Internazionale della Danza/CRT Centro di Ricerca per il Teatro
DURATA 50 min
è disponibile una navetta dal Teatro delle Passioni con partenza mezz'ora prima dell'inizio dello spettacolo
Usciamo dal quinquennale ciclo tragico del progetto Ho male all’altro. Si dissolve l’immagine finale di Polis (’05), ultima parte del trittico, con le figure sfinite, immolate sul terzo altare sacrificale. Dopo i percorsi dalla famiglia allo stato e dalla coppia alla massa (Alcesti ’02 e Medea ‘04), sentiamo la necessità di un’atmosfera silente, rarefatta e più intima: come se i riflettori dovessero girarsi, riposizionandosi dall’esterno verso l’interno, dal fuori al dentro, dall’altro al “sé”.
Immaginiamo un corpo solo abbandonato in scena, seme di una nuova genía, testimone di una fine ma anche capostipite e superstite di un’alba diversa. Nelle sue esitazioni e immobilità porterà la sua utopia e questa darà senso al suo essere in vita, perché esigerà contro ogni evidenza che la vita abbia un senso. Inizio di un percorso in solitudine, di una nuova partenza, di un attraversamento.
In quel corpo tutti i corpi e la storia dell’umanità tutta: un corpo femminile, quindi, e siccome prima delle immagini finiscono le parole, la figura umana comparirà innanzitutto come forma; in questo suo essere aura e contorno, abbiamo cercato di capire come l’anima si poteva tenere e intrattenere in quell’involucro profondissimo e come con i suoi strappi e silenzi, sapesse creare il mistero in quella materia che la imprigiona. Materia della stessa sostanza dell’universo (o “dei sogni”, W. Shakespeare.), così abilmente combinata, ma nella quale abbiamo voluto e vorremmo riuscire ancora a percepire, ascoltando attentamente: il vento, il fiume, la montagna da cui ha avuto origine; i parti che l’hanno generata e che genererà; le pietre nelle ossa, il sale e il ferro sciolto nelle sue vene. Una forma che, se agitata da profonda passione, potrà trasformarsi, trasformare la sostanza che contiene in ciò che vi è di più diverso e più lontano da lei.
Michele Abbondanza