36, Avenue Georges Mandel
12/10/2007
, 22:30
13/10/2007
, 18:30
ideazione, direzione, coreografia e interpretazione Raimund Hoghe
collaborazione artistica Luca Giacomo Schulte
ospite speciale Emmanuel Eggermont
luci Raimund Hoghe, Amaury Seval,
suono Patrick Buret
musiche Maria Callas canta arie di Bellini, Donizetti, Verdi, Spontini, Giordano, Gluck, Massenet, Catalani, Saint-Saëns e Bizet registrate tra il 1949 e il 1974
fotografia Rosa Frank
management Arnaud Antolinos, Julie Bordez
produzione Compagnie Raimund Hoghe (Düsseldorf/Paris)
coproduzioni Ganesa Production - Spring Wave/Contemporary Arts Festival of Seoul (Corea), Festival d’Avignon, Centre national de danse contemporaine d’Angers, Theater im Pumpenhaus Münster
con il sostegno di Théâtre de la Bastille (Paris)
grazie a Franko B
DURATA 1h 40min
PRIMA NAZIONALE
36 Avenue Georges Mandel potrebbe essere benissimo il titolo di una novella di Modiano o una canzone di Barbara, ma Raimund Hoghe quando lo scelse aveva in mente un idea ben precisa. Gli appassionati lo avevano capito immediatamente. Questo indirizzo ci riporta alla leggendaria cantante d’opera Maria Callas e alla sua ultima abitazione a Parigi. Nello spoglio e vuoto spazio l’artista tedesco si muove come un sonnambulo seguendo quello che il suono di quella intensa voce, che ha profondamente segnato il ventesimo secolo, gli suggerisce.
La scrittura drammatica del performer unita al suo particolare uso dei movimenti, propone un nuovo dialogo con la figura della Diva. Attraverso la rappresentazione una angoscia individuale, come fu quella di Maria Callas, il coreografo si inoltre all’interno della condizione ben più generale, quella degli homeless.
Il corpo che interessa a Raimund Hoghe mostra una netta predilezione per la musica. L’artista esprime i propri intenti attraverso l’ascolto e la creazione di coreografie minimali. I gesti accompagnano la manipolazione e lo spostamento degli oggetti – in questo caso poche vestiti e alcune fotografie – e la creazione e l’interpretazione conducono lo spettatore attraverso il tempo. La Memoria – di luoghi, persone e storie – rivisitata attraverso le immagine del solo, rendono questa creazione un tributo e un esperienza colletttiva, che cambia nuovamente con l’apparizione in scena di Emmanuel Eggermont, che si muove “come un sogno, come una memoria giovane, un angelo custode che apre nuove porte”