Rebus per Ada
21/10/2006
, 15:00
pubblicato da Luca Sossella Editore, 2006
ideazione Chiara Lagani, Luigi de Angelis
regia Luigi de Angelis
drammaturgia Chiara Lagani
fotografia Monaldo Moretti, David Zamagni
riprese e montaggio David Zamagni, Nadia Ranocchi
remixaggio audio Luigi de Angelis
consulenza enigmistica Stefano Bartezzaghi
con Paola Baldini, Marco Cavalcoli, Luigi de Angelis, Chiara Lagani, Sara Masotti, Francesca Mazza, Nina Muffolini
pianoforte Matteo Ramon Arevalos
flauto Filippo Mazzoli
ondes Martenot Bruno Perrault
registrazioni audio Gianluca Lo Presti al Lotostudio di Filetto e da Luigi de Angelis
testi del booklet Stefano Bartezzaghi, Chiara Lagani, Nadia Ranocchi, Rodolfo Sacchettini, Antonella Sbrilli
I brani delle opere di Vladimir Nabokov sono riprodotti in accordo con The Vladimir Nabokov Estate, nella traduzione italiana a cura di Margherita Crepax
durata 60 minuti
Il video Rebus per Ada, scheggia cinematografica del progetto Ada, cronaca familiare, ispirato all’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, è un gioco di enigmi in forma di ossessivo sogno attraverso il romanzo stesso. L’immagine del sogno, del resto, è fatta di pieni e di vuoti, come un enigma, un rebus. L’artista che si proponga di collocare lo spettatore al centro di quell’allucinazione elaborata, in cui ci si trova proprio durante il sogno, o almeno di ricordargliela in modo davvero persuasivo, è al contempo un enigmista e un ipnotizzatore: suo compito è quello di portare la percezione a un livello incondizionato di resa. Al risveglio, il sogno apparirà come un linguaggio cifrato, e il suo aspetto di crittogramma sarà suggerito dal racconto stesso; ma solo nell’istante preciso che precederà il risveglio. Il potere del gioco ha esaurito le sue risorse ipnotiche, ed ecco che l’altro gioco inizia: il gusto infinito della congettura. É qui che lo spettatore diventa autore del suo stesso sogno, e lo fa attraverso il peculiare attraversamento di un romanzo, Ada o ardore. Dopo aver terminato quel racconto che procede veramente per enigmi, s’accorgerà che, fin dal principio, non si trattava che del racconto del suo stesso sogno, e che quel racconto lo aveva già misteriosamente trasportato sul ciglio estremo della finale congettura, infine, per essere veramente vissuto come enigma, esso necessitava proprio e solamente di quell’orbatura, quel buco periferico e centrale, quel preciso lato mancante che proprio lui,
lo spettatore, era ed è.